Piccola sorella Christine lavora nel “Servizio Nazionale della Pastorale dei Migranti”. Ecco ciò che scrive in un articolo pubblicato nella lettera interna della Conferenza Episcopale Francese, nel settembre 2018.

Un nuovo anno scolastico e pastorale si apre davanti a noi, come una pagina bianca da scrivere. Poco a poco, la vita quotidiana riprende il suo ritmo.
I progetti si avviano, spesso tra speranze e timori.
Questo “nuovo anno” che cosa porterà alle persone venute da lontano?

Elias, 9 anni, e Sam, 5 anni, cominceranno per la prima volta la scuola in Francia. Originari della Siria, sono arrivati in Francia con la loro famiglia il 29 gennaio scorso, attraverso i “corridoi umanitari” e sono stati accolti a Rennes dall’associazione “Accogliere e condividere”.

Wadi, ugualmente di origine siriana, accolto attraverso i corridoi umanitari nella diocesi di Versailles, farà un passo importante verso un inserimento professionale. Con la sua formazione di falegname/carpentiere, è stato accettato nella “Fabbrica Nomade”, una associazione a sostegno degli artigiani rifugiati.

Altri migranti, invece, vivranno questo periodo nella paura, confrontandosi con l’inasprimento della politica nazionale ed europea. Serguei attende la convocazione in tribunale che deciderà il suo respingimento in Georgia. Arrivato in Francia 7 anni fa, ha potuto curarsi ed essere seguito per i suoi problemi psichici. I suoi figli, ormai maggiorenni, vivono qui; sua moglie, con cui abitava nella regione di Parigi, è deceduta un anno fa. Dal mese di giugno vive nell’angoscia: gli è stato rifiutato il rinnovo del permesso di soggiorno con l’intimazione di lasciare il territorio francese. Ma che futuro ci sarà per lui in Georgia?

La ripresa delle attività annuali sarà anche l’occasione per raccontarci le esperienze estive.

Tra queste, la bella festa per Mamadu, della Guinea, che ha ottenuto lo stato di protezione sussidiaria e potrà così continuare la sua integrazione in Francia. Una sera di quest’estate si sono riuniti per un barbecue tutti quelli che lo hanno sostenuto e aiutato durante il periodo della domanda d’asilo: le famiglie che lo hanno ospitato, vivendo con lui una bella esperienza di accoglienza, il suo tutore nell’accompagnamento giuridico ed amministrativo, e altri nuovi amici incontrati qui. Mamadu era così felice! Qui in Francia ha trovato una nuova famiglia, che non potrà mai sostituire la sua, rimasta al paese, ma ora Mamadu sa di avere degli amici su cui può contare.

Le attività in parrocchia riprendono. Tanti battezzati si impegnano nella catechesi, nella pastorale giovanile, nella solidarietà e in molti altri ambiti. La cattolicità/universalità della Chiesa si riflette visibilmente nelle nostre parrocchie: ai Francesi si uniscono i Congolesi, i Vietnamiti, i Polacchi, ecc. Per esempio Roger continuerà il suo servizio nel consiglio pastorale, in una parrocchia a nord di Parigi. È originario del Congo ed è diventato un punto di riferimento nella sua parrocchia per altri Africani, che trovano in lui sostegno e consiglio. E Roger da parte sua fa da ponte e li mette in contatto con tutta la comunità.

Come non pensare anche a tutti quelli che sono ancora sulla strada dell’esilio? Penso in particolare ai migranti che si trovano in Libia, in balia della violenza di gruppi criminali: torture, stupri, uccisioni … Molti cercheranno di raggiungere l’Europa nella speranza di sfuggire all’inferno libico.

Ma in giugno 2018, un migrante su sette è deceduto nel tentativo di attraversare il Mediterraneo (mentre era 1 su 38 nel primo trimestre del 2017). Tornerà ad essere una vera priorità quella di salvare vite umane, come ci è stato mostrato in Tailandia, sotto lo sguardo del mondo intero, per liberare quei ragazzi intrappolati in una grotta? Sapremo costruire politiche nazionali, regionali ed internazionali a servizio della vita, sia nei paesi di accoglienza come in quelli di partenza e di transito?

Ogni inizio d’anno apre davanti a noi nuove pagine di storia da scrivere. In quale direzione andremo? La fede ci fa vivere nella speranza, superando impotenze, paure e ostacoli. Questo dinamismo, che ci viene dalla vita in Cristo, ci spinge ad agire in tutti i campi della nostra esistenza. Apre strade per il coraggio dell’incontro, lasciandoci anche smuovere e arricchire dagli altri. Ci invita a vivere, nella Chiesa, una vera messa in comune delle diversità, dove ognuno potrà portare l’esperienza della propria fede, nell’espressione che le è propria. Ci incoraggia a non rassegnarci né alla povertà dell’altro né a delle risposte semplicistiche, ma ci chiede di cercare, con creatività e intelligenza, soluzioni per aprire orizzonti e strade di ospitalità, di sviluppo, di sobrietà e condivisione. I mesi che verranno ci permetteranno di andare avanti su questa strada?