L’altro giorno una persona mi ha chiesto come è stato che “mi sono fatta suora” e che sono diventata piccola sorella. Quando ho finito di raccontare mi ha detto: “si sente che sei contenta!”. Certo, raccontare la storia di un amore è sempre una gioia!

Da dove cominciare? Diciamo che la mia storia non prevede conversioni folgoranti, cambiamenti radicali, ma è piuttosto un cammino nel quale si intrecciano ciò che ho ricevuto in famiglia, la mia partecipazione e, soprattutto, l’opera amorosa del Signore.

Fin da piccola ho imparato a vedere Gesù nella mia vita, era il punto di riferimento, l’amico che dava senso, valore e motivazione al cammino. E di questo ringrazio infinitamente la mia famiglia che, pur nella modestia di un ambiente operaio e senza particolare istruzione scolastica, andava avanti così.

Poi c’erano i poveri. Avevamo poco, ma c’era il piatto di minestra e il bicchiere di vino per il “barbone” che passava una volta alla settimana. E a volte mia mamma mi trovava in lacrime: “Perché piangi?” “Penso a tutti bambini che non hanno la mamma e sono poveri …”

Crescendo poi, si è aperta poco a poco come una voragine in me, sempre più grande fino a farmi male: che senso ha vivere quando si passa la vita ad aspettare qualcosa che poi arriva e se ne aspetta un’altra? Sei piccolo, aspetti di diventare grande; vai a scuola, aspetti le vacanze; studi e aspetti che il percorso scolastico finisca; ti diplomi e aspetti un lavoro …  Tutto mi sembrava così effimero, persino l’amore grande per una persona … troppo poco per riempire lo spazio che portavo dentro … Tutto è limitato. Tutto mi sembrava estremamente ristretto fino a sentirne come un “soffocamento”.
Non avevo perso la fede, però non capivo; vedevo il dolore, la fatica del mondo … che senso ha darsi tanto da fare? Sarebbe meglio morire presto così si va col Signore e tutto è a posto!

Era una grande sete di eternità!
Non che passassi il tempo a pensare queste cose!!! Vivevo anche tutta la gioia e gli impegni di quell’età, e proprio uno di questi mi ha portato ad Assisi per un convegno missionario per giovani.
Colpo di fulmine! San Francesco doveva aver sentito la stessa cosa (o circa!): ecco che aveva sentito l’immensa gioia di “buttare via tutto” e seguire Gesù. E proprio Gesù ha spalancato la porta e mi ha fatto “innamorare di Lui”.

Tutto prendeva senso, è Lui l’eternità!
Ma non è stato facile trovare il “come”. La vita religiosa mi sembrava essere la strada per “seguirlo”. Non sono mai stata la persona coraggiosa che inventa strade nuove, che va alla ricerca dei poveri da sola e poi magari comincia qualcosa di nuovo e di grande. Ma non vedevo, nelle congregazioni che conoscevo, quello che corrispondeva alla mia ricerca: vivere in modo che i poveri ti sentano dei loro, più che fare per loro volevo che sentissero la Chiesa, che la comunità religiosa rappresenta, sorella, vicina, casa loro.
Insomma, un gran bisogno di condivisione.

Allora cercavo di impegnarmi in tutto ciò che il mio ambiente mi offriva: parrocchia, volontariato, SERMIG.
Se avessi potuto avrei dato 24 ore su 24.

C’è voluto un po’ a incontrare la spiritualità di Charles de Foucauld (non lo conoscevo!) e in particolare le Piccole Sorelle del Vangelo.
Qui, la sorella che mi ha accolto, sentendo la mia sete di rispondere a mille cose, mi ha detto la parola di cui avevo bisogno : “L’importante è dare tutta te stessa a Dio così Lui potrà fare di ogni tuo istante l’opera sua.” Risposta a quell’”antico” senso di inutilità a cui non avevo più pensato ma che forse era ancora lì nella ricerca del “meglio” da fare.

Stavo dando tutto, 24 ore su 24, ma non avevo ancora dato me stessa.

Potrei riassumere tutto in queste parole: Gesù, i poveri, sete di eternità, bisogno di condivisione per far conoscere questa gioia dell’incontro con Gesù.

Il giorno in cui ho messo piede nella Fraternità ho sentito forte in me che stavo entrando nell’eternità.   

Piccola sorella Lidia