Un foglio bianco da riempire di emozioni
C’è un file sul desktop del mio computer da tantissimo tempo. È un foglio Word, vuoto. 
Il nome di questo file è “per le Piccole Sorelle”. Non ricordo nemmeno da quanto, ma tempo fa mi hanno chiesto di scrivere, in poche righe, ciò che ho vissuto ad Haiti e in Guatemala e ciò che queste esperienze hanno significato per me. 
Il foglio è rimasto vuoto per tanto, tantissimo tempo perché, per tanto tempo, è stato difficile raccontare. Faticoso non è tanto descrivere queste realtà ma come le ho vissute io, che cosa ho provato, le mie emozioni. 
Nel tempo, mi sono messa e rimessa molto in discussione, proprio alla luce di tante cose che mi hanno colpito. 
Quindi, ho deciso di partire da ciò che sono oggi, una ragazza di 24 anni, al terzo anno di Scienze dell’Educazione.

Primo impatto: Port-au-Prince a 4 anni dal terremoto
Ho conosciuto Haiti, Port-au-Prince, appena dopo la maturità. Trovo buffo il modo in cui comunemente chiamiamo l’esame alla fine della scuola superiore perchè credo che questo esame, su quanto tu sia matura per affrontare il mondo, non dice proprio niente. 
Partita dal mio paesino di mille abitanti sul cucuzzolo della montagna, vedevo per la prima volta una realtà completamente diversa dalla mia, qualcosa che mai avrei immaginato. 
Fino a quel momento credo di aver vissuto in una sorta di bolla, conoscevo bene tutto ciò che mi circondava, ma si limitava strettamente a quello.
Era il 2014, 4 anni dopo il terremoto che aveva colpito duramente l’isola. Ricordo la corsa alle donazioni da parte delle nazioni di tutto il mondo, eppure, a Port-au- prince sembrava che il terremoto fosse sembrava che il terremoto fosse appena accaduto. 
Tante famiglie vivevano ancora nelle tende blu dell’emergenza, c’erano ancora macerie sparse per la città. 

A Kay Chal siamo stati accolti come se ci conoscessero da sempre. Ero colpita da tutto ciò che mi circondava e, col senno di poi, credo di aver fatto tantissime domande stupide su cose che io avevo sempre dato per scontato, ma che ad Haiti scontate non sono. 
Ho ricordi di tantissimi catini pieni d’acqua per lavare piatti e bicchieri con ps. Lourdes e ps. Vanna, di giornate piene: al mattino le lezioni per i restavek (e io che assistevo per cercare di imparare un po’ di creole), e il pomeriggio le attività con bambini e ragazzi di tutte le età. Ricordo l’energia e l’entusiasmo di tutti e ricordo Marta regista per provare a mettere in scena il musical del Re Leone. 
Vedere questa realtà mi ha scosso, mi ha fatto riconsiderare il fatto che tutto ciò che io ho sempre dato per scontato non lo è per miliardi di persone su questa terra. 
Mi ha fatto riconsiderare e dare valore alle cose piccole e grandi, agli affetti, al tempo, alla distanza. Mi ha fatto sentire grata per quello che ho. Mi ha sbattuto in faccia i miei privilegi. 

Ritornare alla realtà 
Tornata a casa dopo poco più di venti giorni, mi sentivo invincibile. Avevo visto e volevo agire, volevo cambiare le cose, volevo fare la differenza. A quel punto, è stata dura scontrarsi con la realtà e capire che sei solamente un granello di sabbia. 
Nonostante la consapevolezza, c’erano cose che mi smuovevano qualcosa dentro, mi chiedevo il perché, il come, mi chiedevo che cosa concretamente avrei potuto fare; volevo, anche, far conoscere quello che avevo visto, per scuotere, a loro volta, le persone che avevo accanto. Non so se ce l’ho mai fatta. 
Ad ogni modo, ho detto a ps. Vanna che mi sarebbe piaciuto vedere qualche altra realtà e, nel mio piccolo, essere utile. 
“Guatemala, lo spagnolo è facile, si impara” la risposta. 

Ripartire in cerca di risposte e trovare nuove domande
Eccomi due anni dopo partire per Jalapa, città nel sud del Guatemala, senza sapere mezza parola di spagnolo e sempre ingenua, sempre curiosa, sempre pronta a vedere che cosa mi aspettasse.
Sono arrivata a Las Marias dopo un viaggio di 63 ore tra voli persi e strade accidentate. Ricordo il viaggio dalla Capitale a Las Marias, fu tragicomico: Maribel cercava di coinvolgermi nella conversazione, ma io, stanca dal viaggio e non sapendo la lingua, l’unica cosa che avevo colto è “burro”, che no, non serve a fare le torte, è l’asino. 

Ho provato, varie volte, lo smarrimento di essere straniera, di non riuscire a cogliere completamente il significato dei discorsi, ho sentito sulla pelle lo stereotipo di essere una gringa ( appellativo, di connotazione negativa,  per designare gli stranieri venuti dall’America del nord ).
Lo spagnolo però l’ho imparato, soprattutto, grazie ai bambini che venivano in quella piccola biblioteca nel garage che, una volta aperta la porta, si riempiva di luce. 
Ho odiato, la mattina presto, lavarmi con l’acqua fredda dei catini e le zanzare che mi hanno letteralmente mangiato ma ho apprezzato ogni istante che ho vissuto.
Ho avuto l’occasione di conoscere Fundabiem, centro sostenuto dalla fondazione Teleton, in cui vari professionisti si occupano della cura della persona (fisioterapia, logopedia) e servizi sociali e  dove, anche le persone che non possono permetterselo, possono accedere alle cure. 
È stato particolarmente prezioso confrontarmi con Paola, esperta in educazione speciale,che mi ha preso sotto la sua ala protettrice. Paola, con la sua pazienza infinita, tentava di spiegarmi le patologie dei suoi piccoli pazienti, i vari metodi che mette in atto a seconda dei casi e le storie di questi bambini.  
Poi tuc tuc e a casa.  
Il pomeriggio era dedicato alla biblioteca, aperta a tutti i bambini di Las Marias. Prima di tutto, tutti i bambini si allenavano in esercizi di lettura (ed io, per aiutarli, fingevo di saperne più di loro) e poi si sbizzarriva con disegni, costruendo piste per le macchine, lego, collanine e braccialetti, puzzle..

Jalapa e i cambiamenti, 6 mesi dopo
Ad Jalapa ci sono tornata, 6 mesi dopo. Stranita da quanto le cose fossero cambiate in un tempo così breve. La nuova casa delle Hermanitas era pronta e così anche la nuova biblioteca. Fare il trasloco è stata un’esperienza magica, il trasloco più semplice della mia vita. Tutte le persone del barrio si sono prestate ad aiutarci a portare le cose nella casa nuova, poco distante da quella vecchia. I bambini facevano a gara a chi portasse più cose e al più veloce. Ricordo las paletas (i lecca-lecca) che ci siamo mangiati alla fine, eravamo stanchi ma ce li eravamo proprio meritati.
Ricordo la magia di portare i bambini di Las Marias al circo, di vedere le loro facce sorprese davanti agli acrobati.  
Ripenso a tutti questi momenti, sono come flash che mi ritornano in mente e mi fanno sorridere.
Penso a Michelle quando, a pochi giorni dalla partenza, mi chiese se potesse venire con me e se potevo essere la sua mamma. 

Sono profondamente convinta che non sarei la persona che sono oggi se non fossi mai partita, se non avessi visto, se non avessi conosciuto, se non avessi incontrato e parlato con le persone. Penso a quante mani ho toccato, quanti abbracci ho dato e ricevuto, quanti sorrisi ho fatto miei, a quanti volti e nomi sono impressi in modo indelebile nella mia mente.
Penso all’immenso lavoro che fanno ogni giorno le Piccole Sorelle in tutto il mondo, al supporto alle comunità, al supporto all’educazione dei bambini grazie alle biblioteche e agli spazi di incontro e di dialogo che hanno creato con adulti e giovani. Questi luoghi preziosi di confronto, di socialità e in cui i bambini possono scordare, per un attimo, tutto ciò che vivono durante la loro quotidianità, per semplicemente fare ciò che dovrebbero solamente fare: giocare e stare con gli altri bambini. 
Sono grata di aver incontrato e conosciuto tante Piccole Sorelle nella mia vita, a Port-au-Prince, a Jalapa, a Parigi, a Bari, a Moulhouse. Grata perché con la loro opera sono un’ispirazione per me. 

Il foglio di Word ora non è più vuoto. Mi scuso per i pensieri che possono sembrare sconclusionati e senza nesso, sono solo piccolissimi frammenti di tutto ciò che ho avuto la possibilità di vivere. Vorrei concludere con questa frase di Brunori SAS che mi piace tanto e che sento molto mia

“Non sarò mai abbastanza cinico
da smettere di credere
che il mondo
possa essere migliore di com’è”.