Quanti volti, quanti pezzi di storie ascoltate con il nodo alla gola durante quelle due ore di accoglienza alla mensa organizzata dalla Caritas diocesana e gestita dalla comunità parrocchiale!

Non mi abituo a quegli sguardi smarriti, sguardi che sembrano fissi su un passato traumatico, sguardi spenti, frutto di una lunga attesa di un documento … Mi riempiono di gioia invece gli sguardi che s’illuminano quando li salutiamo chiamandoli per nome, i volti sorridenti che ci ricambiano il sorriso, la stretta di mano, il saluto in una lingua che capiscono: as-Salamu, buon giorno, bonjour!

 

Faccio parte di un gruppo di volontari che 4 volte alla settimana ci ritroviamo nei locali parrocchiali per preparare un buon pranzo completo con primo piatto, secondo, contorno, frutta e dolce … c’è il gruppo dei cuochi, c’è chi apparecchia, chi pulisce dopo il pranzo (in questo sono coinvolti anche 4 o 5 ospiti che lo fanno volentieri: così si sentono utili anche loro), e poi c’è chi, come me, fa l’accoglienza un’ora prima del pranzo, nel cortile. Tante persone generose danno del loro tempo per permettere a un centinaio di ospiti di ricevere un trattamento dignitoso.
Questo piccolo servizio mi mette in contatto con dei profughi, dei richiedenti asilo di tanti paesi … dei fratelli meno fortunati che hanno dovuto lasciare tutto, pur consapevoli dei rischi che quei viaggi attraverso il deserto e il mare comportano … ma come disse uno di loro “tra morte sicura e morte possibile, ho scelto quest’ultima … ed eccomi vivo!” Che coraggio!
Eh sì, ho conosciuto delle persone splendide, generose: bravi papà di famiglia che con orgoglio mi mostrano le foto dei loro figli, oppure giovani che sperano trovare un lavoro per poter formare una propria famiglia.

Tra i nostri ospiti c’è anche un buon numero di italiani, uomini e donne, senza fissa dimora, disoccupati, persone con problemi di salute psichica … Facciamo l’esperienza di piccole “convivenze interculturali” (quando non ci sono tensioni e le persone sono ben disposte ….); a noi volontari spetta il ruolo di creare dei ponti tra gli uni e gli altri … come? Iniziando da noi stessi nell’avere uno sguardo fraterno su ogni ospite, dialogando con gli uni e con gli altri, senza fare differenze. Ma forse soprattutto ciò che conta è “esserci” per ascoltare e accogliere la rabbia per tante ingiustizie subite, per tante umiliazioni o indifferenze incontrate … una santa collera??
Ogni tanto mi fermo a mensa con loro e come sono contenti se mi siedo allo stesso tavolo! Allora mi sentono ancora più vicina, più sorella.
Sono felice quando in giro per la città o nei bus incontro l’uno o l’altra di nostri ospiti e ci salutiamo: ci sentiamo ‘riconosciuti’ reciprocamente.

il refettorio pronto per accogliere gli ospiti

Sono conscia che la mensa non risolve il problema di queste persone che hanno diritto a una casa, un lavoro … ma questo servizio offre loro uno spazio e un tempo dove sono accolte e rispettate nella loro dignità.
Sarà un goccia nell’oceano, però ci permette di non restare indifferenti e di fare la nostra piccola parte. Nello stesso tempo riceviamo in dono tante testimonianze di ricchezza umana, di solidarietà, di voglia di vivere e di andare avanti con speranza.